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Storia

La Via Francigena è costituita da una rete di percorsi che mettevano in comunicazione i principali poli di riferimento di pellegrinaggio dell’Europa centro-occidentale con Roma (città santa), Santiago de Compostela e Gerusalemme. Nella seconda metà del VII secolo, sotto la spinta dei pellegrinaggi a Roma e al Santuario di San Michele Arcangelo sul Gargano, ripresero in Europa le comunicazioni a orizzonti sovraregionali. All’epoca l’efficiente e capillare sistema viario, con cui Roma aveva innervato tutto il territorio dell’Impero, non era più in grado di sopperire alle esigenze dei fruitori della strada. Infatti, a seguito delle invasioni barbariche e della caduta dell’Impero Romano d’Occidente, venne meno ogni forma di potere centrale e non fu più possibile quella regolare manutenzione necessaria perché le strade potessero continuare a svolgere la loro funzione. Il succedersi di eventi naturali dagli effetti catastrofici (frane, esondazioni di corsi d’acqua, terremoti, impaludamenti) e le distruzioni apportate dall’uomo ai manufatti e alle opere di arredo delle strade, avevano ogni dove interrotto la continuità del reticolo stradale, facendo perdere al sistema viario la sua caratteristica principale: la sovraregionalità. Così, anche nei casi in cui si conservavano tratti più o meno lunghi dei tracciati delle vie, queste si declassarono, limitandosi a svolgere funzioni pressoché locali. Allorché si manifestò di nuovo l’esigenza di collegamenti stradali ad ampio orizzonte, la linea di transito preferenziale che si formò per collegare l’oltralpe con Roma, con San Michele Arcangelo sul Gargano e con i porti della Puglia (per chi s’imbarcava per la Terrasanta), fu la risultante di una sorta di “collage” fra tratti di consolari che ancora seguivano l’antico tracciato e nuovi percorsi. La diffusione, nel corso dei secoli X-XIII del culto delle reliquie, contribuì alla creazione di un nuovo un nuovo sistema: la Via Francigena. L’origine del nome faceva riferimento ai territori “francesi”, ma localmente era anche detta “Romea” perché portava a Roma, centro della cristianità.  In realtà il termine “Francia” indicava sì l’attuale stato francese, ma, più in generale, i territori dominati dai Franchi, e quindi anche parte dell’Europa centro/settentrionale. Così la “via Francesca” o “via Francigena”, acquisì una straordinaria importanza sul piano storico, economico e culturale e venne percorsa dai pellegrini che si recavano ai principali “loca sacra” della Cristianità occidentale  con alterne vicende. In Italia le sue origini si devono probabilmente alla necessità dei Longobardi di collegare il regno di Pavia con i territori del centro e sud Italia.  La via era presidiata nei punti strategici da una rete di fortificazioni con soldati. Infatti, la funzione di sicurezza era affidata alle “abbazie regie”, monasteri fortificati che obbedivano direttamente ai re longobardi.  Le abbazie gestivano anche le funzioni di ospizio per i viandanti. Con il passaggio dalla dominazione longobarda alla dominazione franca, la strada crebbe di importanza; fu migliorato il fondo stradale, passando in molti tratti dalla terra battuta al fondo lastricato (come erano, peraltro, le vie di epoca romana in lunghi tratti coincidenti).  In questo periodo “la strada” assunse di nuovo una funzione di collegamento che andava oltre l’ambito locale, conformandosi via via in un sistema viario composto da un fascio di vie, o ancora meglio, di  interi territori attraversati dai pellegrini, i quali adeguavano il loro percorso a seconda delle loro credenze religiose, delle stagioni, della situazione socio-politica del momento storico, ecc.. Oggi la Via Francigena, nel tratto a nord di Roma, si fa coincidere con la Cassia, basandosi sulla testimonianza storica della memoria dell’arcivescovo di Canterbury Sigeric del 990; si tratta di una scelta che ha un fondamento storico ma ciò non esclude le altre varianti e percorsi alternativi. Allontanandosi da Roma seguiva, dunque, il tracciato dell’antica Cassia e, toccata Bolsena e Acquapendente, si inoltrava in Val d’Orcia sino a Siena e poi seguiva la Val d’Elsa sino a San Gimignano.  Di qui traversava i colli della Toscana centrale sino a Lucca e Camaiore; risaliva la Versilia sino a Luni/Sarzana. Di qui i pellegrini diretti a Santiago de Compostela potevano imbarcarsi e navigare fino al delta del Rodano ricongiungendosi, a Montpellier, alla Via Tolosana. Da Luni si inoltrava in Lunigiana valicando l’Appennino al passo del Monte Bardone (ora passo della Cisa). Passati il borgo antico di Berceto la strada scendeva il versante appenninico fino a Fornovo e, raggiunta la pianura padana, piegava verso nord ovest toccando Fidenza e Piacenza, dove si guadava il Po. Toccando Pavia, Vercelli e Ivrea si poteva proseguire nella Val d’Aosta superando le Alpi tramite il passo del Gran San Bernardo (nord ovest) e seguitando fino a raggiungere l’abbazia di Canterbury.  In alternativa si poteva puntare più a ovest per la Val di Susa transitando per il passo del Monginevro e poi, oltre le Alpi, verso Arles e i territori spagnoli (sud ovest), ancora in direzione Santiago de Compostela.  Da Susa un altro percorso traversava le Alpi al passo del Moncenisio per dirigersi verso Lione (ovest). Anche a sud di Roma, verso la Terrasanta, non c’era una direttrice unitaria. I pellegrini potevano scegliere almeno su due possibili direttrici che portavano tutte egualmente a Benevento: la via Appia e la via Prenestina/Casilina/Latina. Almeno sino al VII-VIII secolo è stata dimostrata la continuità del tracciato primitivo della via Appia (poi si affermerà decisamente il percorso pedemontano). Il tracciato della Via Prenestina e Casilina/Latina, oltre che a servizio del traffico locale, fu usato sempre per i transiti a lunga percorrenza, da molti secoli prima di Cristo, per l’andamento geografico favorevole, la maggiore salubrità … Fu normale dunque per i pellegrini, dopo essere stati a Roma, utilizzarla per proseguire il cammino diretti a San Michele Arcangelo sul Gargano o per imbarcarsi, dalle coste pugliesi, per raggiungere la Terrasanta. Non a caso, già nel X secolo, è documentato l’uso del termine “Francisca” per un tratto di strada transitante per le proprietà del monastero di San Vincenzo al Volturno, in un’area cioè compresa nel fascio dei percorsi convergenti su Capua. Chi percorreva la Via Francigena, iniziando dalla via Prenestina dopo essere uscito da Porta Maggiore, incontrava Gabii, Palestrina, Anagni, Ferentino, Frosinone, Aquino, Cassino, Venafro, Teano e Benevento. Analogamente chi andava sulla Labicana trovava Labico, Valmontone, e dopo Anagni gli stessi siti della Prenestina; così come succedeva per la Via Latina che passava per Tuscolo, Artena, per raggiungere Anagni. Diverso era il percorso dell’Appia che costringeva ad allungare di un giorno il cammino, ma era più “comoda” soprattutto per i carri e le merci. Passava per Ariccia, Lanuvio, sino a Capua dove risaliva per Benevento. Superato Benevento i pellegrini raggiungevano la costa attraverso l’Appia Traiana oppure si dirigevano in senso quasi orizzontale verso il Gargano al Santuario di San Michele Arcangelo. Di prassi s’imbarcavano da Brindisi o da Otranto per la Terrasanta. Ovviamente, il viaggio si compiva in entrambe i sensi. Il percorso Anagni-Paliano-Roma, parte del quale verrà reso fruibile durante la 16° giornata del FAI di Primavera del 2008, è parte di quest’antichissima via che dal 1300 in poi, con l’istituzione del Giubileo da parte di Bonifacio VIII, acquistò un’importanza strategica per l’aumento dell’interesse, da parte delle popolazioni del Mezzogiorno, verso Roma a discapito della Terrasanta. La forte temperie religiosa connessa con i santuari conduce ad una dinamica dei pellegrinaggi locali segnando le vie di comunicazione e le strutture assistenziali, tonifica l’indotto economico come ricordano le tante vicende legate alla devozione dei santi e dei martiri. In particolare quelli di Roma come San Pietro e Paolo, ma anche quelli come S. Agapito, o i santuari della Mentorella a Capranica Prenestina, della Madonna del Buon Consiglio a Genazzano, di Torre in Pietra, di Subiaco, della SS.ma Trinità di Vallepietra, ecc. E proprio l’importanza di alcune vie di collegamento nel Lazio sono state l’asse fondante su cui si sono sviluppati centri importanti come Praeneste, Anagni, Cassino, … Le preesistenze, i segni lasciati dagli eventi nel corso dei secoli, lo sviluppo dei centri abitati, rivisti con un’ottica complessiva, hanno evidenziato il comun denominatore: il percorso. Lungo la direttrice della Via Prenestina-Latina è presente un patrimonio archeologico e storico unico al mondo, rappresentato da resti e monumenti di importanza straordinaria che vanno dalle origini della civiltà romana all’epoca moderna. I grandi viaggiatori dell’ottocento, tra i quali spiccano Tomassetti, Nibby e Gregorovius, descrissero con grande entusiasmo questo tratto di Campagna Romana, soggiornandovi a lungo e, ancora oggi, costituisce la via privilegiata di pellegrinaggio verso gli importanti Santuari già citati.